Nell'entroterra anconetano, lungo la strada provinciale 502 che da Jesi sale verso Cingoli, immersa tra le colline marchigiane, circondata dalle vigne del verdicchio e dagli ulivi autoctoni si trova questa antica abbazia intitolata ai SS. Quattro Coronati, Claudio, Castorio, Sinfroniano e Nicostrato.
Percorrendo una via sterrata, al di là di un grande campo di girasoli si raggiunge la chiesa che si staglia contro il blu del cielo e il verde delle coltivazioni, seduta su un pianoro tra due morbidi colli, nei pressi di un laghetto irriguo e tra due torrenti che qui confluiscono dopo esser scorsi in profonde gole che un tempo probabilmente dovevano costituire una rassicurante difesa naturale per il monastero.
LA STORIA
Un frammento di lastra arenaria ritrovato nei pressi della chiesa e risalente ai primi anni dopo il mille, oggi conservato nella pinacoteca comunale di Cingoli (www.bibliotecacingoli.it), testimonia l'antichità dell'insediamento.
La lastra raffigura l'immagine stilizzata di una donna riccamente agghindata e assisa in trono che, un'iscrizione nella parte superiore, identifica con la Vergine Annunziata.
Il primo documento scritto che si riferisce all'abbazia risale al 1130, quando in un atto di donazione da parte di privati si parla di "canonica" poiché il monastero, a quel tempo dedicato ai santi San Salvatore e San Cornelio di Colle Bianco, era casa dei canonici regolari di Sant'Agostino. Il testo descrive anche l'esatta ubicazione dell'abbazia, collocata nel cuore delle colline in un fondo rustico denominato appunto Colle de Blanco.
Un atto del 1153 e relativo ai terreni dati in enfiteusi dal monastero cita invece la trasformazione della dedicazione ai S.S. Quattro Coronati ma nei documenti che seguono non vi si accenna più.
La bolla di Urbano III del 1186 sembra testimoniare un ritorno all'antica denominazione per l'ultima volta in quanto nei documenti successivi non se ne farà più menzione.
Nei documenti del 1230 e del 1375 la chiesa prende il nome che porta oggi, consacrata ai SS Quattro Coronati.
Verso la metà del XII secolo la canonica assume una sua fisionomia ben precisa e acquisisce un ruolo religioso e sociale importante. Ad essa appartengono diversi fondi rustici sparsi nelle contrade del territorio di Cingoli e Osimo e la sua giurisdizione spirituale si estende a chiese nei pressi di Camerino e di Ancona.
Il complesso negli anni ha subito varie modifiche che hanno comportato la costruzione di parti aggiuntive e la demolizione di altre già presenti. Interessante il ritrovamento sul lato est della canonica di una fondazione che si allunga verso il letto del torrente e che prefigura la continuazione ad angolo della canonica a formare quasi un chiostro.
Nel catasto Gregoriano della prima metà dell'800 si può ancora vedere il monastero, al cui posto è stata successivamente costruita, probabilmente nella seconda metà dell'800, dopo l'indemaniamento del 1861, l'attuale canonica, inglobando alcuni tratti di muratura e le stanzette voltate del piano terra.
Per anni, nel corso del XX secolo, il complesso è stato adibito a mero deposito di materiali ed attrezzature agricole, con un forno operante fino agli anni '70 oggi crollato nel lato nord della canonica. La chiesa per un certo periodo è stata utilizzata come ricovero per il bestiame. Era presente, ora tolto, all'interno della chiesa un manufatto utilizzato come probabile mangiatoia.
A destra del portale, a 160 cm dal suolo, è posta un importante iscrizione su pietra arenaria:
[H]ic requietsi Amico magister
Qui riposa Amico maestro
Per quanto riguarda il personaggio citato, Amico, benché ne appaiano diversi nelle fonti documentarie con tale nome, nessuno porta il titolo di magister. È necessario qui ricordare che nel 1141 la canonica ottenne da Innocenzo II il diritto di sepoltura. Tale privilegio potrebbe essere stato accordato in concomitanza alla consacrazione della chiesa romanica.
Non è da escludere, pertanto, che il magister Amico ricordato nell'iscrizione fosse l'autore dell'edificio sacro al quale i canonici concessero il privilegio della sepoltura e la relativa memoria obituaria.
LA DESCRIZIONE
L'abbazia è composta da tre volumi principali:
la vera e propria chiesa, un annesso addossato sul lato est, e la canonica posta ad angolo con un andamento trasversale rispetto agli altri due volumi.
Si presenta con grande dignità formale tipica degli edifici che un tempo sono stati al centro di un'epoca di grandi trasformazioni, l'eleganza dei decori scolpiti, dei capitelli, la finezza di lavorazione del materiale di costruzione ne danno prova.
La chiesa di impianto romanico ad aula unica ha pianta rettangolare di m. 11 x 18, e termina in tre absidi semicircolari, di cui la mediana più grande.
L'interno è suddiviso in tre campate sorrette da archi trasversali ogivali che s'impostano su pilastri addossati alle pareti laterali e sostengono le travi a vista del tetto.
Sul presbiterio, leggermente rialzato, s'innalzano tre arcate a tutto sesto, quella mediana più ampia e molto più elevata delle laterali, sostenute da due pilastri quadrati (cui corrispondono due semicolonne nella parete absidale), sui pilastri si impostano anche le coperture del presbiterio stesso: a botte longitudinale nella parte centrale, a crociera in quelle laterali.
L'interno della chiesa si presenta intonacato a calce, sotto l'intonaco riaffiora il paramento interno realizzato in conci di arenaria ben squadrati su sottile letto di calce.
I capitelli delle semicolonne del presbiterio e le mensole degli archi sono anch'essi dipinti a calce.
Il pavimento del presbiterio è realizzato con mattoni variamente disposti e con pietre calcaree di varie dimensioni, l'abside maggiore ospita una mensa d'altare in un unico blocco di probabile riutilizzo da edificio di epoca romana.
I tre gradini che collegano il presbiterio al pavimento della chiesa sono realizzati in muratura con la pedata in mattoni di cotto accostati. Il grande spazio rettangolare della chiesa è pavimentato con mattoni disposti a lisca di pesce accostati sul lato maggiore in gran parte fratturati a causa del movimento di mezzi agricoli all'interno.
La copertura della chiesa è realizzata mediante travi e correnti su cui poggiano le pianelle che reggono il manto di copertura in coppi.
La facciata dell'edificio è realizzata in conci squadrati di arenaria disposti in file regolari con la presenza di qualche raro blocco di travertino e qualche roccia di riuso nella parte inferiore.
Sicuro il riutilizzo di materiali provenienti da costruzioni di epoca romana a Cingoli.
Il portale della facciata è costruito con materiali eterogenei, gli stipiti composti da più elementi calcarei sagomati reggono un architrave in tre elementi, due in arenaria e uno, quello centrale in calcare. La lunetta sovrastante si caratterizza da una muratura diversa per fattura e qualità ed è inquadrata in una cornice semicircolare formata da otto conci di arenaria e un concio di chiave al centro che prima del restauro era mancante, ora ripristinato.
Il rosone di forma circolare formato da conci di arenaria si presentava, al rilievo precedente il restauro, completamente sconnesso, i conci distaccati tra loro così come la grata in ferro artigianale ormai quasi divelta.
Nella parte inferiore della muratura sporge l'orlo superiore della fondazione messa a nudo da un abbassamento del piano terreno per probabile dilavamento.
Il retro della chiesa rappresenta la parte più interessante e probabilmente la più antica dell'edificio; allo stato attuale nulla si può dire della copertura delle absidi che risulta completamente mancante, così come mancano le due monofore scolpite che completavano i prospetti delle due absidi superstiti di cui rimangono solo le fotografie del 1993 eseguite dai laureandi in architettura presso l'università di Firenze Carlo Maria e Giambattista Accrescimbeni con il relatore Giuseppe Cruciani Fabozzi nel 1993 e le fotografie private forniteci da Luca Centanni.
Anche qui il materiale costitutivo è della stessa specie, blocchetti di arenaria ben squadrati mentre le mensole di coronamento sono formate da conci di arenaria sagomati.
IL RESTAURO
Questo primo stralcio del restauro si è presentato complesso e oneroso. Le infiltrazioni dai tetti, la mancanza di manutenzione e qualche terremoto avvenuto nel tempo avevano compromesso seriamente le condizioni statiche degli edifici e il rischio di crollo era tutt'altro che remoto.
I paramenti murari e il sacco di riempimento per lungo tempo dilavati avevano perso consistenza.
I leganti dell'epoca a base di calce e sabbia di campo erano diventate incongruenti e come ciò non bastasse dalle murature sono stati trafugati numerosi conci e pezzi di arenaria così come parte degli architravi degli ingressi, queste ruberie avvenute negli anni avevano indebolito ulteriormente le strutture murarie.
Le due absidi superstiti sono state spogliate di tutti i decori. Un'enorme edera secolare si era radicata all'interno della muratura nella parete est e sotto la pavimentazione della chiesa arrivando fino al tetto aggrappandosi ed infiltrandosi in tutti gli interstizi possibili tanto da divenire consolidante e estirparla poneva ulteriori rischi di crollo.
La Soprintendenza ha obbligato la Direzione Lavori a mantenere in piedi tutti gli edifici anche l'annesso rustico che privo di fondazioni poggiava semplicemente a terra.
Essendo in zona sismica di grado 2 si è dovuto adeguare gli edifici all'eventualità di terremoti perciò lo strutturista ha progettato la realizzazione di un cordolo metallico di sommità ancorato alle murature perimetrali in modo da formare una struttura omogenea che permettesse alle murature di collaborare in maniera elastica e simultanea in caso di sisma.
Sono stati eseguiti sondaggi geologici per la determinazione stratigrafica e la resistenza dei terreni, indagini alla base delle murature perimetrali al fine di individuare eventuali carenze fondazionali che fortunatamente si sono rilevate solo parziali.
Si è allestito un complesso ponteggio multi direzionale, progettato appositamente, sia all'interno che all'esterno dei fabbricati che rispondesse all'esigenza di lavorare in sicurezza e al tempo stesso mantenesse la stabilità degli edifici.
Si è affrontato per primo l'intervento sulla chiesa e del suo annesso che presentavano i maggiori rischi di crollo e necessitavano di una più accurata attenzione. La facciata della chiesa era attraversata da una vistosa crepa che partendo dalla sommità del tetto arrivava sino a terra. Il portale privo dello stipite destro era collassato anche a causa dell'asportazione della chiave di volta e del sigillo nobiliare che garantivano il corretto scarico del peso della torre campanaria sommitale.
Dopo la messa in sicurezza si è iniziato a smontare, pietra dopo pietra, la torre campanaria e la parte centrale della facciata, sono stati mappati e accatastati tutti i conci per essere puliti e preparati per la ricostruzione secondo le indicazioni dello strutturista che prevedevano l'inserimento di travi HEB, perni in acciaio infissi nella muratura, l'ammorsamento delle pietre e l'utilizzo di rete e fiocchi in fibra di basalto. È stata ricostruita la fondazione alla base dell'ingresso, come sono state ricostruite con il metodo del "cuci scuci" vaste porzioni del paramento esterno, dove l'edera aveva divelto le murature per far spazio alle sue radici si è dovuto svuotare e ricostruire l'intera muratura, sono stati risarciti i vuoti e le mancanze di collegamento tra i paramenti interno ed esterno.
Una volta smontata tutta la parte pericolante, consolidate e ripristinate le fondazioni sconnesse o mancanti si è ricomposto il portale, il rosone con il suo bellissimo forte strombo interno, sono state ricostruite le teste murarie perimetrali e le selle degli archi che avrebbero ospitato le nuove travi in castagno.
Le travi longitudinali sono state poi unite tra loro testa a testa sempre per mezzo di piastre in ferro. Il telaio in acciaio di sommità e i suoi ancoraggi con la travatura in legno riproducono fondamentalmente una struttura scatolare che assolve alla funzione di distribuire in maniera omogenea le vibrazioni su tutta la muratura e al contempo lega in un corpo unico tutta la copertura alle murature.
Sopra l'orditura sono state rimontate le pianelle originali ripulite, una "camicia" di malta a livellare il pianellato storico, un tavolato collegato al telaio perimetrale, barriera a vapore, materassino isolante, guaina e infine le vecchie tegole ripulite.
Su tutto il perimetro tra i piani verticale e orizzontale è stata inserita una lama in piombo opportunamente sagomata come era uso antico per evitare che gli sgocciolamenti potessero infiltrarsi nuovamente sulle teste murarie.
La stessa soluzione di ricomposizione strutturale di miglioramento sismico è stata applicata alla chiesa all'edificio rustico annesso e alla canonica.
All'interno della chiesa e in corrispondenza degli archi sono stati inseriti sette nuovi tiranti con le rispettive chiavi, un'altro è stato inserito a pavimento in corrispondenza dell'ingresso, subito dopo il portale sono stati puliti profondamente e stilati i giunti con prodotti a base di biocalce consolidante.